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Il cricket in Italia: uno sport cresciuto per osmosi

di Nando Aruffo

La genesi della recensione nasce lungo le strade del Giro d’Italia, in virtù della comune passione per il ciclismo quando l’autore del libro era ben attento a evitare ogni minimo accenno che potesse rivelare il suo ruolo di presidente della Federazione Cricket Italiana.

Il libro è una opportuna testimonianza sulla nascita e il faticoso affermarsi di uno sport agli antipodi del costume e della mentalità italiani. Estate 1974: tre ragazzi di Roma, studenti al Liceo Ennio Quirino Visconti, in vacanza a Forte dei Marmi, cercano di giocare a cricket; Primo marzo 1997: la Federazione Cricket Italiana viene ammessa al CONI, il Comitato Olimpico Nazionale Italiano. In poco più di trent’anni, dal passatempo ludico all’ingresso nel palazzo dello sport italiano. Come scrive efficacemente l’autore del libro, “era finito il periodo della clandestinità”.

SImone Gambino

Simone Gambino è un caleidoscopio di mestieri e tra tutti, senza voler far torto alla sua passione per il giornalismo in senso lato (scrive anche di sci e di football americano) il libro fa emergere la sua principale peculiarità: stabilito un traguardo, non lasciare nulla d’intentato per tagliarlo brillantemente.

Se pensiamo alla lentezza – a volte – di una partita di cricket, i trent’anni scorrono veloci: l’autore è meticoloso nel descrivere e raccontare episodi curiosi; avvenimenti che sembrano catastrofici e che magicamente raggiungono il lieto fine; personaggi e aneddoti che soltanto una memoria ferrea può non dimenticare.

L’uso del verbo al presente consente una immedesimazione quasi reale negli avvenimenti descritti. Anche l’uso appropriato di “indigeno” sostantivo e non aggettivo rileva uno sconfinato orizzonte. L’autore adotta la parola indigeno quale sinonimo di italiano per esaltare il connubio con l’atleta estero, essendo la loro convivenza indispensabile prima per fare attecchire il cricket in Italia e poi per farlo crescere.

Abile ed efficace è anche la scelta di riprendere pari pari dagli  Annuari del cricket i resoconti di qualche fondamentale partita della Nazionale italiana.

La copertina del libro scritta da Simone Gambino

Opportuna la citazione di come sia stato il cricket a portare il calcio in Italia nel 1890: basti pensare all’ancora attuale denominazione di Genoa Cricket and Football Club, la prima società di calcio fondata in Italia da dieci inglesi. C’è però una bella differenza tra quel cricket di due secoli fa e questo attualissimo cricket: il primo non sopravvisse al football diventato calcio; questo del presidente Gambino, seppur di nicchia, è sport che in soli trent’anni ha saputo conquistare spazio, autonomia, credibilità e riconoscimenti internazionali.

Grafica essenziale, priorità al testo e fotografie in bianco e nero compresse a francobolli, soltanto alla fine del libro sei foto a colori quasi a voler dimostrare che, con il riconoscimento da parte del CONI, il cricket sia divenuto adulto.

Il libro è anche la testimonianza come l’antico adagio “volere è potere” sia appannaggio di pochi (l’autore è tra questi) ed è sempre attuale. Aggiungiamo anche: determinazione, risolutezza, alzare l’asticella e raschiare ogni stilla di forza residua per superarla.

Però adesso basta con elogi, ditirambi e panegirici: l’autore del libro vieterebbe ogni enfasi. Sportivi olimpici e non olimpici, praticanti o da telecomando è tempo di muoversi. Questo è un libro che non può mancare nella libreria dello sportivo. Buon acquisto e buona lettura.

PS: grazie ad Antonio, papà del presidente onorario Simone, per l’idea del titolo.

Gli anni clandestini. Il cricket italiano dalla nascita fino al riconoscimento da parte del CONI di Simone Gambino, ed. Fuorilinea, 2020, pp. 296. € 20

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