Verso un ciclismo con i sandali infradito

Elaborazione GMGrafics su foto Fabio Ferrari/LaPresse

Sorridiamo un po’: dopo la triste protesta di venerdì scorso al Giro d’Italia, si correrà soltanto nei velodromi al coperto, oppure all’aperto e mai più con pioggia e temperature al di sotto dei 12°

di Nando Aruffo

Giro d’Italia, nona tappa, Milano domenica 17 maggio 2009: a sei giri dalla fine, il gruppo che già procedeva a bassa velocità, si ferma sul traguardo. E lì, sobillato da quell’anima candida di Lance Armstrong, così parla la maglia rosa Danilo Di Luca, che è anche vicepresidente dell’associazione corridori: “Chiediamo scusa al pubblico ma oggi non ce la sentiamo di rischiare, perché il circuito è troppo pericoloso. Continuiamo la tappa, ma non ce la sentiamo di spingere a tutta”. E anche in quell’occasione, giù una pioggia di parole banali.

(leggasi https://www.gazzetta.it/Speciali/Giroditalia/it/17-05-2009/-protesta-clamorosa-50415787388.shtml)

 Milano-Sanremo, domenica 17 marzo 2013: corsa interrotta per una nevicata sul Passo del Turchino: corridori in pullman da Ovada ad Arenzano, si riparte a Cogoleto, dopo Genova. Marco Pastonesi – non io – scrisse sulla rosea: “La neve, lo stop, la pioggia. La sofferenza fino alla soglia del dolore, il ciclismo fino al limite dell’eroismo”.

(leggasi: https://www.gazzetta.it/MilanoSanremo/17-03-2013/sanremo-indimenticabile-hanno-vinto-tutti-92532627960.shtml)

Giro d’Italia, ultima tappa, Roma domenica 27 maggio 2018: allora come oggi ammutinamento dei corridori e resa degli organizzatori. Oggi la pioggia, allora l’alibi delle buche romane: “troppo pericolosi i sanpietrini romani” scrisse la rosea mettendo per errore un N al posto di una M: per l’Enciclopedia Treccani (non io) si dice e si scrive “saMpietrino”. Il pavé della Roubaix, invece, è una passeggiata di salute.

(leggasi: https://www.gazzetta.it/Giroditalia//27-05-2018/giro-d-italia-roma-bennett-batte-viviani-nell-ultimo-sprint-froome-rosa-270432117517.shtml)

Giro d’Italia, venerdì 20 maggio 2011: cancellata a tre giorni dalla fine della corsa la salita del Monte Crostis per la discesa ritenuta pericolosa. La Gazzetta se ne lava le mani e scrive: “Decisione presa dal presidente di giuria su richiesta dei direttori sportivi”. In realtà, colui che più di tutti si batté per evitare il Monte Crostis fu quell’anima pia di Biarne Riis, direttore sportivo di Alberto Contador in maglia rosa: alla vigilia della tappa lo spagnolo aveva un vantaggio di 3’09” su Vincenzo Nibali e 3’16” su Michele Scarponi. Contador era in pieno “caso clenbuterolo”: prima sospeso il 27 gennaio 2011 e poi assolto il 16 febbraio 2011 dalla RFEC (Real Federación Española de Ciclismo) poi squalificato il 6 febbraio 2012 dal TAS (Tribunale Arbitrale dello Sport) con effetto retroattivo e quella vittoria al Giro gli fu tolta.

Giro d’Italia, Morbegno venerdì 23 ottobre 2020: un’altra tappa accorciata con relativo scaricabarile di responsabilità. Al via, in orario, si presentano soltanto le tre squadre professional. Quelle della ricca licenza World Tour aspettano il da farsi in auto o in pullman.

Josef Černý (CCC Team) ha vinto per distacco la tappa. Si noti: media di quasi 50 chilometri orari dopo l’ammutinamento (percorso originale da Morbegno ad Asti accorciato da 258 a 124 km). Però il ceco ha vinto nel giorno sbagliato: nessuno si ricorderà di lui, tutti ricorderanno questa colossale figuraccia diffusa in tutto il mondo in diretta tivù.

Ma la vera farsa viene certificata dal comunicato stampa degli organizzatori nel quale si legge: “La tappa è stata neutralizzata dopo l’incolonnamento e la sfilata cittadina dei corridori”. Cioè i corridori si sono prestati a prendere acqua e vento con una partenza fittizia a Morbegno pur di ottenere lo spostamento della partenza effettiva ad Abbiategrasso, 129 chilometri più in là, saltando l’attraversamento di paesi che avevano già bloccato traffico e attività chiudendo pure le scuole per aspettare il loro passaggio. Se avessero voluto fare una protesta vera avrebbero dovuto chiedere di ripartire da Mosio, il paese natale di Urbano Cairo, il signor RCS.

E poi, dopo sei ore di pioggia vera sui corridori intirizziti e di pioggia di parole su noi, comuni mortali stremati da questo festival dello scaricabarile, la frase tanto attesa: “Oggi non ha perso il Giro, non hanno perso soltanto corridori e organizzatori, no: oggi ha perso il ciclismo”.

Bugia! Sesquipedale (e per restare in tema: sesqui-pedivella) bugia!

Sette anni fa, quando neutralizzarono la Sanremo, vinsero tutti, adesso perdiamo tutti. Ma no.

Ha perso chi ha rifiutato di opporsi alla scelta della federazione internazionale di riscrivere il calendario professionistico in chiave egocentricamente francese. Il Covid ha bloccato l’attività da metà marzo a fine luglio? Dalla Tirreno-Adriatico al Tour de France? Allora, dal Primo di agosto si riparte dove ci si era fermati: non si accetta supinamente un calendario confezionato su misura attorno al Tour de France.

Hanno perso Renato Di Rocco vice presidente silente dell’UCI nonché presidente della Federciclismo italiana; Paolo Bellino amministratore delegato di RCS organizzatore del Giro; la RCS tutta, non solo il parafulmine Mauro Vegni direttore del medesimo Giro; Cristian Salvato presidente del ACCPI (Associazione Corridori Ciclisti Professionisti Italiani), Gianni Bugno presidente del CPA (Cycling Pro Association, il sindacato mondiale dei corridori) e in questo Giro commentatore tivù per la Rai, Vincenzo Nibali, Giuseppe Martinelli e i loro esimi colleghi. Tutti loro.

Il “Processo alla Tappa” è stato triste.

Alessandra De Stefano, vice direttrice di Rai Sport e conduttrice del Processo alla Tappa, si è scagliata contro Cristian Salvato accusandolo di non rispondere con precisione alle sue domande e gli ha tolto ripetutamente e bruscamente la parola. Grinta inaspettata, ripensando alle interviste amicali con Rigoberto Uran Uran (“Ciccio ti aspetto sul palco”, “Ciccio come va?”, “Ciccio, bravo!”. E il colombiano, pronto: “Vengo domani, Ciccia”, “Grazie Ciccia”, “Ciao, Ciccia”).

Che tristezza ascoltare commenti in modalità: “Ma io che colpa ho?”

Mauro Vegni: “Un agguato a venti minuti dalla partenza. Adesso arriviamo a Milano e poi faremo i conti. Qualcuno pagherà per il grande danno che è stato dato al ciclismo e al Giro”.

Alberto Volpi, direttore sportivo della Bahrain-McLaren, che aveva Pello Bilbao quarto in classifica a 1’19” dalla maglia rosa: “La tappa più corta può essere un danno per la corsa. Con il Sestriere da ripetere tre volte, senza questo taglio qualcuno dei protagonisti avrebbe potuto pagare».

Bruno Reverberi, team manager della Bardiani- CSF, il più scatenato: “I miei corridori non sapevano niente. C’era solo tanta confusione e loro volevano partire. Bugno deve dimettersi».

Cristian Salvato: “Reverberi è un bugiardo. Tutti gli atleti sapevano, anche i suoi».

In evidente difficoltà Daniele Bennati e Stefano Garzelli, corridori fino all’altro ieri e oggi commentatori al “Processo alla tappa”: “E’ stata una brutta azione. Il ciclismo è anche sofferenza. Abbiamo corso in condizioni climatiche peggiori. E’ uno schiaffo ai sacrifici degli organizzatori e al pubblico che aspettava i corridori».

Massimo Ghirotto su Rai Play Radio 1: “Modalità sbagliata: non si può fare una brutta figura come questa. Finito il Giro, corridori, squadre e organizzatori si devono sedere attorno a un tavolo e ridiscutere come affrontare situazioni come questa”.

Silvio Martinello insieme con Ghirotto: “Non ne esce bene il ciclismo, non abbiamo bisogno di queste decisioni masochistiche, auguriamoci si faccia tesoro di questi errori”.

Giuseppe Martinelli, direttore sportivo dell’Astana, un colpo al cerchio e uno alla botte: “Sono sempre dalla parte dei ragazzi ma non oggi. Sono pienamente d’accordo con Vegni. L’associazione dei corridori è stata assente”.

Vincenzo Nibali: “Nessuno ha parlato con me, mi ha detto qualcosa un mio compagno di squadra. La motivazione dello stop non l’ho saputa prima di partire e non la so adesso che la corsa è finita, salvo che è stata una decisione dell’associazione. Non pensavo si sarebbe tagliata la tappa, ieri sera ci siamo alimentati per percorrere oltre 250 chilometri e ci siamo preparati per la partenza ben vestiti». Allora, caro Nibali, se ti tengono all’oscuro di una decisione così importante, non conti più nulla?

Ieri sabato, prima della partenza da Alba, il team manager John Lelangue ha detto: “Adam Hansen ha protestato con Mauro Vegni in qualità di delegato del CPA. Noi, come Lotto-Soudal, siamo al fianco del comitato organizzatore. Vogliamo che la corsa arrivi a Milano”.

In “Anteprima GiroDamiano Cunego: “Quando non sono abbastanza competente, preferisco tacere”. Nota a beneficio del lettore non ciclofilo: Damiano Cunego ha vinto il Giro d’Italia nel 2004, corridore professionista dal 2002 al 2018, miglior giovane al Tour de France nel 2005 e nel 2006, ha vinto per tre volte il Giro di Lombardia, un’Amstel e tante altre corse. Non sarebbe “abbastanza competente”?

 Tutti contro tutti, uno spettacolo (!) penoso.

In Spagna dicono: “Todo el mundo  hacer leña del arbol caido”: Tutti a far legna con l’albero caduto; è quel che è successo con Salvato, preso di mira in modo inaudito dalla conduttrice del Processo televisivo, e sostanzialmente accusato di esser l’unico responsabile del pateracchio di Morbegno. E nessuno si è accorto che è stato anche l’unico a fare una pur parziale ammissione di responsabilità: “Io posso aver fatto i miei errori e sono qui a metterci la faccia”. Altri, dall’organizzazione ai diesse ai vari corridori (Sagan: e tu dov’eri? Come la pensavi?) all’ora delle spiegazioni han fatto gli struzzi o poco meno. Figuraccia collettiva.

E’ brutto autocitarsi ma io avevo offerto in tempi non sospetti un disinteressato, ironico, forse surreale (ma non tanto) suggerimento

(leggasi: http://www.ruoteamatoriali.it/strada/27114-giro-ditalia-2020-perche-non-disputarlo-qalla-rovesciaq-.html)

Sai che festa, in questo epilogo di Giro e di settimana nella Sicilia di Vincenzo Nibali!

Ieri, sabato 24 ottobre, Paolo Alberati con Vincenzo Saitta in allenamento in Sicilia

Un grazie di cuore all’amico Sergio Ghisleni per le correzioni, i consigli, le integrazioni.

Chi è arrivato a leggere fin quaggiù merita un premio: la canzone maglia iridata del ciclismo:

Oltre a Paolo Conte originale, ci sono le versioni di Pierangelo Bertoli, Enzo Jannacci, Bruno Lauzi e anche Jovanotti. A voi la scelta.

Buona domenica!

Un pensiero su “Verso un ciclismo con i sandali infradito

  • 25 Ottobre 2020 in 10:19
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    Ciao Nando obbiettivo e chiaro come sempre grazie Giovanni Aruffo

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