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Siamo tutti Rebellin!

di Gigi Marchitelli

L’ex campione di ciclismo Davide Rebellin, 51 anni, è morto il 30 novembre in un incidente stradale nel vicentino. Rebellin era in sella alla bicicletta quando è stato urtato e travolto da un camion, nei pressi di uno svincolo autostradale. Il camionista non si sarebbe accorto dell’incidente, proseguendo la sua corsa ed è ricercato per omicidio stradale. Un fratello di Rebellin, dopo aver appreso dai media che c’era stato un incidente in cui era coinvolto un ciclista nella zona di Montecchio si è precipitato sul posto, dove ha subito riconosciuto la bici del fratello, completamente accartocciata.

Rebellin, veronese, è stato il ciclista con la carriera più lunga: 30 anni (1992-2022) e un ritiro dalla categoria professionisti appena il 16 ottobre scorso. Esordì nel professionismo dopo aver vinto, nel 1991, l’argento nella prova in linea su strada riservata alla categoria Dilettanti ai mondiali di ciclismo di Stoccarda. Era nella squadra GB-MG con Chioccioli, Ballerini e Cipollini. Nel 1996 aveva vinto anche una tappa del Giro d’Italia e vestito la maglia rosa per sei giorni consecutivi. Specialista delle “classiche”, ha vinto quella di San Sebastián, il Gran Premio di Svizzera, la Tirreno-Adriatico, il Gran Premio di Francoforte, Nel 2004 diventa il primo ciclista a vincere tutte e tre le classiche delle Ardenne: Amstel Gold Race, Freccia Vallone e Liegi-Bastogne-Liegi. Nel 2008 la medaglia d’argento ai Giochi Olimpici di Pechino, poi revocata per sospetto doping. Due anni di squalifica e, sette anni dopo, la sentenza definitiva della giustizia ordinaria: prosciolto perché il fatto non sussiste, completa riabilitazione. Ma questa sentenza non è stata MAI recepita dalla giustizia sportiva. La sua lunghissima carriera professionistica si spiega anche con l’attenzione a mantenere in forma il suo corpo: vegano, beveva litri di acqua e seguiva un’alimentazione ferrea: quinoa, miglio e amaranto. 
La sua morte non è un caso isolato: nelle stesse ore un’auto ha investito due ragazzi in bici a Ferrara: un 17enne è morto, l’altro giovane è in gravi condizioni all’ospedale di Cona.

Davide Rebellin (in maglia gialla) alla Parigi-Nizza del 2008

Il fatto è che torna ad aumentare in maniera significativa la mortalità sulle strade in Italia. Le stime ACI-ISTAT – relative ai primi sei mesi del 2022 evidenziano – rispetto allo stesso periodo del 2021 – un incremento, di incidenti con lesioni (+24,7%), vittime (+15,3%) e feriti (+25,7%). Dal 1° gennaio al 30 giugno scorso, 81.437 incidenti hanno causato 1.450 morti e 108.996 feriti: in media 450 incidenti, 8 morti e 602 feriti ogni giorno.
Non siamo ancora ai livelli pre-covid, ma quasi: rispetto al 2019 si rileva un lieve calo: incidenti stradali -2,6%; feriti -6,8% e deceduti -5,5%.

Già, quando si parla di morti sulla strada si finisce sempre ai numeri, invece si tratta di persone, famose o meno. La verità è che, nonostante l’introduzione del reato di omicidio stradale, le strade in Italia non sono un ambiente sicuro per nessuno, né per gli automobilisti, né soprattutto per ciclisti e pedoni. Molti poi sono gli incidenti mortali causati dalla guida in stato di ebrezza e/o a seguito dell’uso di sostanze stupefacenti. Se nemmeno l’inasprimento delle pene è servito a diminuire gli incidenti, cos’altro si può fare? Come fare in modo che le strade, bene pubblico, siano effettivamente di tutti, di chi vuole correre, allenarsi o semplicemente passeggiare nel rispetto delle regole? Per restare nel nostro ambito: ciclisti, podisti, maratoneti e altri sportivi ancora non possono limitarsi a palestre e al giardino di casa, hanno bisogno di allenarsi su lunghi tragitti. Devono rischiare la vita ogni giorno?

Le idee in proposito esistono, ci sono associazioni che da tempo lavorano sull’obiettivo “zero vittime”: per esempio, la Fondazione Michele Scarponi, che prende il nome da un altro ciclista ucciso sulla strada; Zerosbatti APS, che garantisce anche assistenza legale alle vittime; la Fellowship “Cycling-to-Serve” del Rotary Club o la FIAB – Federazione Nazionale Ambiente e Bicicletta, un’organizzazione ambientalista che promuove l’uso quotidiano della bicicletta e il cicloturismo per proteggere l’ambiente e contrastare la crisi climatica. Ci sono poi iniziative come il sito Salvaciclisti, Siamo tutti pedoni, #Vivinstrada – Rete di associazioni per la cultura e la prevenzione stradale. Citiamo infine Pedala per un sorriso, associazione non-profit nata nel 2015 che va oltre lo sport. Si prefigge come scopo primario quello di aiutare coloro che hanno più bisogno, senza distinzione di razza, sesso e religione, concepisce e realizza eventi di sostegno economico in favore dei più bisognosi, in Italia o all’estero con particolare interesse per paesi in via di sviluppo; informa e sensibilizza l’opinione pubblica sulle condizioni di vita delle persone povere e malate, coinvolgendo la comunità nazionale ed internazionale nella lotta contro la povertà, malattia e analfabetismo. I soci fondatori sono: Luca Centomo, Mauro Cerminara, Ivan Basso (anche lui è stato compagno di squadra di Rebellin),  Mauro Cerminara, Stefano Zanatta, Nicolangiolo Zoppo. In occasione della tradizionale pedalata al santuario romano del Divino Amore, il prossimo 11 dicembre, l’associazione lancia una iniziativa legata proprio alla morte di Davide Rebellin (vedi locandina).

E certamente dimentichiamo altre associazioni e iniziative in tutto il territorio nazionale, attive nella prevenzione degli incidenti e nell’educazione alla guida sicura e al rispetto delle regole: sono tante ma, evidentemente, mai abbastanza per arrivare veramente a tutti.

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