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Oje Vito, oje Vito mio *

Vito Taccone batte in volata Vittorio Adorni nella prima corsa in Italia con la maglia iridata: Paglieta (Chieti) 8 settembre 1968

di Nando Aruffo

Sono Capitani Marsicani Vito Taccone, Federico Falcone e Gianluca Salustri. Vito è il protagonista del libro; Federico è il giovane autore; Gianluca è il coraggioso editore.

Soltanto i più giovani non conoscono Vito Taccone: l’augurio è che questo libro venga fatto conoscere, diffuso e per conseguenza venduto al di là dei confini dell’Abruzzo.

Federico Falcone è al suo primo libro e dimostra già di avere le idee chiare: ha svolto un impegnativo lavoro di ricerca, è andato a sentire chi ha conosciuto Vito, si è documentato con un certosino lavoro di archivio, ha effettuato riscontri (che non tutti fanno) non ha lesinato argomenti per inquadrare il ciclismo di Vito nelle vicende storiche, economiche, politiche degli Anni cinquanta-sessanta-settanta, il periodo di Taccone che diventa e che fa il corridore. E’ andato a parlare con il dottor Giorgio Ienca; con Enzo Lo Re; con Plinio Olivotto; con Eraldo Bocci, Primo Franchini e Renato Laghi, compagni di squadra di Vito; con Raffaele Tomassetti figlio di Alfredo, che era più di un giornalista e organizzatore. Ha ricordato figure importanti nell’evoluzione ciclistica di Vito Taccone: Don Giulio parroco di San Giovanni ad Avezzano, Giuseppe Lionelli, Vittorio Pendenza, Paolo Pagliari, Giovanni Stante.

Non potevano mancare le visite all’archivio del giornale “Il Centro”: Pietro Guida, Giustino Parisse, Domenico Ranieri e Roberto Raschiatore il quale ha ricordato anche una fortunata rubrica sul Giro d’Italia: “Il Giro di Vito”. Non fu facile all’inesperto responsabile dello sport convincere Vito: giorno dopo giorno, però, la sua soddisfazione cresceva ed era contento del risultato sul giornale: “Grazie, avete scritto bene quello che penso”. Lui vedeva la tappa in tivù e aspettava la telefonata dalla redazione: un interlocutore (parliamo dei Giri d‘Italia di fine Anni 80) era Piero Anchino oggi direttore de “Il Centro”.

L’autore cita aneddoti di Adriano De Zan, Dario Ceccarelli, Cesare Facetti, Aldo Grasso, Sergio Neri, Marco Pastonesi e naturalmente Sergio Zavoli il quale, da galantuomo qual è stato, non hai mai negato l’importanza di Vito Taccone nel suo celeberrimo “Processo alla tappa”. Falcone scrive che Zavoli e Taccone fossero lo Yin e lo Yang della televisione tricolore.

(Yin e Yang non sono due personaggi dei fumetti giapponesi: racchiudono una concezione del Taoismo e potremmo banalmente dire: Yin-bianco, Yang-nero per rappresentare due opposti che si attraggono).

Di Vito non viene taciuto nulla: la passione per il pugilato e per la politica; le vittorie e le sconfitte nel ciclismo e nelle faccende quotidiane; le marachelle infantili (le scarpe nell’albergo di Milano); le scazzottate in corsa con Pellicciari e Manzaneque; le risse al paese; le scelte lungimiranti (Amaro Taccone e l’abbigliamento sportivo V.I.M.A.) e le scelte per niente oculate che lo hanno portato ad avere seri guai giudiziari: Vito ha sempre dichiarato la propria innocenza in un traffico losco ma non l’ha potuta dimostrare, perché è morto nel corso del procedimento. Falcone scrive argomenti scomodi con tatto raro. Per essere un debuttante, l’inizio è promettente.

Saggia la decisione di chiudere il libro con un ricordo di Cristiano Taccone, il figlio di Vito: appassionato e commovente.

Gianluca Salustri, anch’egli giovane, è al terzo libro da editore. Ha battezzato le tre collane Germogli, Nuove Albe e Vite. Di quale collana avrebbe mai potuto far parte il libro su Taccone? Vite, ovviamente.

Federico Falcone è di Avezzano, Gianluca Salustri è di Capistrello, sempre in provincia dell’Aquila, paesello di quasi cinquemila abitanti (come il mio, Paglieta) situato in cima alla Val Roveto lungo la strada statale della Valle del Liri che collega Avezzano a Sora, provincia di Frosinone. Ci vuole coraggio a impiantare una casa editrice nell’ombelico del mondo.

Una curiosità: nel libro non c’è il palmarés di Vito (giustamente, perché il ciclismo è un corollario, non il soggetto) e non c’è neanche una fotografia. Qui, a beneficio dei lettori più giovani, sale in sella Sportopolis: la nostra galleria fotografica mostra come anche in borghese Vito Taccone muovesse le folle e riempisse le piazze.

*Titolo liberamente tratto dalla canzone napoletana ‘O surdato ‘nnammurato scritto da Aniello Califano e musicato da Enrico Cannio nel 1915.

Federico Falcone, Vito Taccone Il camoscio d’Abruzzo, Radici Edizioni, febbraio 2022, pp. 158, 15

Vito Taccone riempiva le piazze: in questa galleria fotografica è a Paglieta (Chieti) invitato dal suo amico Pasquale Nelli. Nella seconda foto tra i due c’è il giornalista Gilberto Petrucci oggi sindaco di Penne (Pescara) in occasione in occasione della festa nazionale dedicata ai piccoli comuni con il patrocinio della Presidenza della Repubblica. Quel giorno Taccone festeggiava il compleanno: festa a sorpresa con grande commozione di Vito che non si aspettava tutto quell’affetto (dall’archivio personale di Luzio Nelli)

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