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La Roubaix di Tafi, la lettera di Martini

Tra ciclismo e gastronomia, aneddoti e curiosità, il racconto di tre giorni in bicicletta lungo le strade toscane

di Marco Aruffo

Per un appassionato di ciclismo over 60, ma anche per gli appassionati più giovani, ci sono dei personaggi che di diritto rientrano nella sfera dei miti, delle icone nel gotha di questo sport.

Uno di questi è Andrea Tafi da Fucecchio classe 1966, professionista dal 1989 al 2005, passista-veloce incline per le corse di un giorno. È l’unico italiano a contare nel suo palmarès le due gare più grandi col pavé: la Parigi-Roubaix (vittoria nel 1999) e il Giro delle Fiandre (nel 2002) oltre a un’altra classica ciclistica «Monumento» quale il Giro di Lombardia 1996. Nel suo palmarés figurano il campionato italiano su strada nel 1998 e la Parigi-Tours nel 2000 ed altre gare; vanta anche tre convocazioni in nazionale: 1996, 1998 e 1999.

Dopo il ritiro dal mondo delle corse professionistiche, insieme con la moglie Gloria, si è dedicato alla gestione dell’agriturismo Il Borghetto situatovicino Lamporecchio (PT), sulle colline toscane, in prossimità del versante più duro della salita di San Baronto.

Così quando il mio amico Paolo Ventura, ex ciclista pistard ed ex compagno d’armi di Andrea nella Compagnia Atleti dell’Esercito, mi propone di trascorrere un fine settimana al Borghetto non ho dubbi: la mia risposta è subito sì, “senza se e senza ma” dove le pedalate sono al centro degli interessi senza trascurare la conoscenza del territorio, la sua storia ed anche quella culinaria da gastronauti come direbbe Davide Paolini.

Il gruppo è composto da 13 ciclisti con tre cicliste-consorti.

Il programma prevede una tre giorni abbastanza intensa: partenza da Lanciano (CH) il venerdì alle 6:00 in furgone con le bici già caricate la sera precedente, sosta pranzo e nel primo pomeriggio arrivo al Borghetto, gioiellino di famiglia, dove ci ricevono Andrea e Gloria.

L’aggregato di fabbricati, tutti destinati ad alloggi auto-sufficienti con soggiorno-cucina e stanze da letto, costituiscono, nel loro insieme, un borgo agricolo a tutti gli effetti con spazi a verde attrezzati e piscina con un uliveto circostante per un’estensione di circa 5 ettari e sono stati ristrutturati con passione da Andrea e Gloria investendo con lungimiranza i proventi della brillante attività ciclistica: le mura sono in pietra locale, le travi sono in legno a vista con pianelle in laterizio con un raffinato stile “toscano-rurale” e anche gli arredi seguono il leit-motiv.

La coppia è sempre attenta ai desiderata degli ospiti ed è sempre disponibile per accontentarli preparando loro stessi la prima colazione e dedicandosi alla sistemazione del verde circostante.

Dopo le presentazioni, già alle 16:00 iniziamo la sgambata di circa 40 km per entrare in confidenza con la zona e subito di buona lena affrontiamo il San Baronto.

La sera siamo a cena al Ristorante “4 assi” che sarà il nostro riferimento culinario.

Il giorno successivo, dopo una ricca colazione, il nostro capitano-cicerone Andrea ci aiuta nel controllo delle nostre bici e con un vero e proprio briefing iniziale ci spiega il percorso e ci dà dei consigli su come comportarci sulla strada aperta al traffico. Partiamo alle 9:30 e ci avviamo verso una prima parte del percorso caratterizzato da “mangia e bevi”: brevi salite e discese che fanno riprendere il fiato con tratti anche pianeggianti. L’intento è di raggiungere la cima del San Baronto dal versante più lungo con pendenza inferiore, pranzare e dividerci dando la possibilità di fare più chilometri per quelli che avrebbero voluto.

I percorsi sono tutti stati scelti con accuratezza evitando le strade con molto traffico. In Toscana si sa che le strade sono tutte abbastanza strette e a volte anche sconnesse ma Andrea ha cercato di evitare i pericoli ed i disagi. Cosi, dopo esser passati per Cerbaia, bosco dei Poggioni, Stabbia, Massarella, la Riserva di Montefalcone raggiungiamo Ponte a Cappiano dove Andrea ha abitato da piccolo. Qui ci fermiamo per il “caffettino” e visitiamo l’officina storica del fabbro del paese che realizza ancora dei manufatti in acciaio lavorato con la forgia.

Si riparte e, passando prima per Vinci, iniziamo l’ascesa di San Baronto. La salita è abbastanza pedalabile con tratti in piano o in falsopiano che facilitano il recupero e fanno riprendere fiato.

Sulla sommità ci aspetta il pranzo essenziale (prosciutto, affettati e bruschette con birra) al ristorante L’Indicatore con un terrazzo panoramico dove ammirare il paesaggio della vallata verso Pistoia.

Qui, dopo il pranzo, ci dividiamo perché molti rientrano al Borghetto e noi altri sette, con Andrea, continuiamo il “giretto”.

Affrontiamo subito la discesa di San Baronto con Tafi che ci dimostra – ma non ce n’era bisogno – che la classe non è acqua pennellando le curve e dimostrando di avere padronanza totale della bici: anche i ciclisti più esperti desistono dall’inseguirlo.

Arriviamo alle porte di Pistoia e svoltiamo sulla sinistra verso Serravalle e lì affrontiamo la rampa finale con un buon ritmo ma è solo l’inizio: siamo diretti verso Nievole ma il Nostro decide di raggiungere Montecatini Alta percorrendo Via Porta di Borgo: una salita di 1,2 km con pendenza media superiore al 7% e punte del 20,8% totalmente lastricata con pietre che per dimensioni e spazi sono una via di mezzo tra il pavè della Parigi-Roubaix e quello del Fiandre. Qui il Tafone ha letteralmente aperto il gas e anche questo tratto lo ha percorso col 53; per tutto il giro la corona piccola non l’ha mai utilizzata!!! È ovvio. Che nessuno ce l’abbia fatta a stargli dietro!

La fermata a Piazza Giuseppe Giusti è stata provvidenziale per ricompattare le fila, proseguire il tour e rientrare, non senza qualche altro tormento, dopo aver percorso quasi 140 km.

La riflessione è che i ciclisti professionisti sono di un’altra stoffa rispetto a noi comuni ciclisti. Hanno un motore di un’altra cilindrata.

Torniamo al Borghetto e poi andiamo tutti a cena al Ristorante “4 Assi” dove ci aspetta una stratosferica “fiorentina” con Andrea e Gloria che ci allietano la serata raccontandoci aneddoti e storie della loro vita e della carriera ciclistica.

Il giorno successivo è quello della ripartenza ma prima di visitare il Museo di Leonardo a Vinci abbiamo avuto il privilegio esclusivo di visitare il “museo” di Andrea Tafi, quello che lui chiama ufficio, che per l’appassionato di bici potrebbe essere paragonato ad un santuario mariano per un credente.

Le pareti sono tappezzate dalle maglie più importanti indossate nella lunga carriera sulle quali spiccano quella della Mapei indossata per 9 stagioni, quella della Nazionale indossata 3 volte e quella di campione italiano con la quale vinse la Parigi-Roubaix. Un piatto è colmo di medaglie tra le quali ci sono le 6 medaglie per aver partecipato a 6 edizioni del Tour de France: sono medaglie che vengono consegnate soltanto a chi il Tour lo termina. In bella mostra la pietra di porfido vinta alla Parigi-Roubaix e il trofeo vinto al Giro delle Fiandre.

Andrea si commuove quando ci fa vedere e ci legge una lettera incorniciata, scritta di proprio pugno dal CT storico della Nazionale Alfredo Martini dopo aver partecipato al mondiale di San Sebastian nel 1997. Questo il testo:

Caro Andrea,

una banale caduta e tutto svanisce in niente … Non svanisce però l’impegno che profondesti in quella prova iridata di San Sebastian, la quale avrebbe potuto riservarti tante soddisfazioni.

Purtroppo le cose non vanno mai come si è inteso prepararle, e così non ci resta che rimandare le speranze alla prossima volta.

Tra non molto ti aspetta un’altra annata di grande agonismo, pertanto, formulo i migliori auspici perché tu possa avere tante grandi soddisfazioni; te le meriti tutte!

Nel ringraziarti per l’alto contributo offerto alla nostra Nazionale in Spagna, permettimi di ringraziarti dell’album che tanto gentilmente mi donasti alla tua festa.

Con i migliori auguri di un 1998 pieno di prosperità, un caro saluto a te ed alla tua bella famiglia.

Tuo Alfredo Martini                          dicembre 1997

andrea tafi

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