La bicicletta e la nostra società
di Franco Costantino *

Andare in bicicletta è sicuramente un’attività che agevola la gestione del proprio corpo sotto il profilo sia fisico sia mentale.
Personalmente l’ho adoprata beneficiando dei due aspetti menzionati e soprattutto perché il ciclismo può essere praticato a qualsiasi età, come il nuoto, a parte specifiche condizioni ostative.
In mezzo al traffico il ciclista è sicuramente l’elemento più debole; mi sembra giusto richiamarlo ad un principio fondamentale di auto difesa:
- Indossare il casco;
- Osservare il Codice della strada tralasciando l’atteggiamento, che spesso si mostra, di agire come un pedone, indisciplinato, e rispettare così anche gli altri utenti;
- Fare i conti con la propria idoneità fisica.
Questa premessa mi sembra opportuna perché oggi, sotto la spinta dell’emergenza energetica, si tende a convincere il cittadino ad adoprare la bicicletta per sopperire alla carenza energetica e alla conseguente carenza di efficacia del trasporto pubblico e della gestione del traffico in genere.
E allora si invita ad andare al lavoro o ad altri impegni in bici, come peraltro è successo nel 1973 quando ci fu la crisi del petrolio messa in atto dalla OPEC. Allora tutti comprarono bici, me compreso, che finirono poi in gran parte arrugginite, nelle cantine, senza che questo risolvesse il problema.
Ora credo sia necessario valutare le conseguenze di questa campagna se si trascurano alcuni aspetti basilari.

- L’Italia è territorio estremamente variegato con pianure e monti anche nelle singole città: laddove il terreno permette, come nei centri della pianura padana, la bici viene adoprata normalmente anche dalle signore che vanno a fare la spesa, magari anche con l’ombrello, a riprova che il buon senso ha guidato queste comunità e non ha troppo bisogno di stimoli. Va invece osservato che invitare ad andare al lavoro od anche solo muoversi nella città, deve essere consentito dalla presenza di strade in pianura e quasi e non con salite (e conseguenti discese pericolose) come potrebbe essere Roma.
- Scegliere di muoversi in bici per lavoro od altro, inoltre, deve essere compatibile con il proprio stato fisico. Un conto è che un individuo decida liberamente di usare la bici, un altro è che l’istituzione spinga a questa decisione perché se ne assume una responsabilità e non solo morale;
- UN ELEMENTO FONDAMENTALE è l’uso del casco che non può essere obbligatorio solo per i giovani ma deve esserlo soprattutto per gli uomini maturi e gli anziani. Anzi: deve essere obbligatorio per tutti come in quei paesi che vengono definiti civili.
La proliferazione di piste ciclabili è frutto della propaganda politica laddove vengono realizzate e mai usate, perché non rispondenti ad esigenze semplici come, per esempio, la larghezza (un solo metro per entrambi i sensi di marcia?!)
La pista ciclabile ha bisogno di continuità senza che ci si debba immettere nel traffico (con il rischio che ne consegue).
Illudersi che le piste ciclabili vengano usate per andare al lavoro o altro o per sostituire i mezzi privati o pubblici non può appartenere al buonsenso. Chi usa la bicicletta per una attività di “Tempo libero” non può usarle perché “non divertono” e creano intralci e problemi. Le piste ciclabili ideali sono quelle che consentono una pedalata tranquilla in continuità per lasciare libero il pensiero senza correre rischi. Ce ne sono e sono state progettate e realizzate con serietà; comunque non per sostituire il traffico cittadino.

Tra l’altro, si osservi con attenzione l’attività di ciclisti amatori. Questi per le proprie uscite – o da soli o in compagnia – non vanno sulle piste ciclabili, perché, anche laddove ci sia sufficiente spazio in larghezza – occorre convivere con chi corre a piedi o con i pattini.
A mio avviso, le istituzioni neanche prendono in considerazione ciò che dovrebbe essere fatto.
Mi sono sempre domandato – e ho anche espresso i miei dubbi nelle dovute sedi – perché non vengono proposti programmi televisivi cosiddetti di “pubblica utilità” nei quali si affrontino gli aspetti più importanti del Codice della Strada; perché non si faccia una campagna educativa su come affrontare il traffico; perché venga divulgata la necessità di mettersi in macchina in condizioni fisiche idonee.
Saper guidare non è soltanto evitare di fare “stupidate” ma soprattutto di saper evitare gli errori degli altri. Occorre indicare una educazione di convivenza fra le quattro ruote e le due ruote. Tanti, troppi vogliono insegnarci duemila atteggiamenti e comportamenti ma nessuno dice come convivere sulla strada.
Fonte immagine principale: Pixabay

* Personaggio molto noto - e scomodo - del ciclismo italiano, Franco Costantino è il presidente dell'Associazione degli Organizzatori delle Corse del Ciclismo Professionistico in Italia (A.O.C.C.) che egli stesso ha contribuito a fondare. Con questo articolo, è iniziata la sua collaborazione con Sportopolis.