Diritto e Rovescio: storie di tennis
Il sapore genuino del Torneo del Garden
di Massimo Grilli
Da una parte il rosso dei campi in mattone tritato, dall’altra il verde del parco archeologico dell’Appia Antica, con gli impressionanti ruderi della Villa dei Sette Bassi. Basterebbe già questa mirabile vista, che forse solo Roma può regalare, a rendere particolare il torneo che da 27 anni si svolge presso il Tennis Club Garden di via di Capannelle, un appuntamento ormai classico nella marcia di avvicinamento agli Internazionali del Foro Italico.
Al Garden si gioca un torneo del circuito Challenger – un gradino cioè più in basso rispetto agli appuntamenti dell’Atp Tour – che per tradizione ospita ragazzi in cerca della svolta o anche campioni in convalescenza (un anno fa vi prese parte il croato Coric, appena rientrato da infortunio, che quattro mesi dopo avrebbe vinto il “Masters 1000” di Cincinnati).

Assistere alle partite del Garden vuol dire tuffarsi anche in un’atmosfera sicuramente più genuina rispetto ai tornei più importanti, con i soci del circolo magari impegnati in accanite partite di carte a pochi metri dai campi principali e ci è capitato di sentire l’arbitro di sedia richiamare gli anziani giocatori, affinché diminuissero i decibel delle loro chiacchiere.
Quest’anno abbiamo anche assistito, in due campi limitrofi, a una doppia protesta: mentre lo spagnolo Roca Batalla contestava una decisione del giudice di linea, due soci si litigavano a voce alta un punto: “Ahò, me le chiami tutte fori… nun è possibile…“. Tanto folclore quindi, ben combinato però con grande professionalità e affetto per il tennis, caratteristiche che negli anni hanno reso il torneo del circolo del presidente Ezio “Pancho” Di Matteo – due presenze in Coppa Davis e tante battaglie al Foro Italico – uno dei più importanti a questo livello in Europa, una autentica rampa di lancio per i campioni in erba, come dimostrano le presenze in passato dei vari Tsitsipas, Rublev, Khachanov, Schwartzman, Carreno Busta, Bautista Agut, Evans, De Minaur, oltre ai nostri Fognini, Musetti, Sonego, Berrettini…
Quest’anno ha vinto a sorpresa ma con pieno merito il venticinquenne indiano Nagal – uno magari poco conosciuto ma che comunque può vantare un set strappato a Federer agli Us Open di qualche anno fa – che, partito dalle qualificazioni, ha vinto sette partite perdendo solo due set.
In chiave di tennis giovane, sentiremo ancora parlare del finalista, l’olandese Jesper De Jong, classe 2000, che si ispira nel gioco al belga Goffin, e del nostro Flavio Cobolli, 21 anni il prossimo 6 maggio, semifinalista per il secondo anno di fila. E noi già non vediamo l’ora di assistere all’edizione del 2024.