Qatar2022: I mondiali più tristi di sempre
di Emanuele Di Casola
Dalla schiavitù agli omosessuali che rischiano il carcere: i motivi per non godersi i mondiali in Qatar
Caldo, estate, calciomercato in fermento: squadre di Serie A che in fretta e furia devono trovare soluzioni per difesa, centrocampo e attacco. Una fretta portata dall’inizio anticipato del campionato, dovuto alla sosta in vista dei mondiali in Qatar.
L’edizione dei mondiali di calcio del 2022 si svolgerà, infatti, per la prima volta nei mesi di novembre e dicembre – a causa delle altissime temperature che si registrano nel paese ospitante durante i mesi estivi – e ciò porterà allo stop dei campionati.

I diritti dei lavoratori (?)
Un mondiale che, fin dalla costruzione degli stadi, è stato al centro di feroci polemiche, che non hanno tuttavia fermato l’organizzazione della manifestazione da parte della FIFA.
Nonostante alcune riforme al sistema lavoro del paese attuate nel 2017, come riportato da Amnesty International a novembre 2019, le condizioni dei lavoratori in Qatar sono rimaste pressoché invariate rispetto al passato e al sistema che ha permesso il recente estremo sviluppo del paese del Vicino Oriente. Tale sistema cede, di fatto, il controllo della vita del lavoratore in mano al datore di lavoro. Come riporta Amnesty, ad esempio, il sistema della “kafala” “Vincola per cinque anni il lavoratore al suo datore di lavoro e impedisce ad alcuni, come quelli impiegati nel settore delle pulizie, di lasciare il paese senza il permesso del datore di lavoro”.
I diritti LGBT (?)
Oltre ai più che legittimi dubbi sulle condizioni dei lavoratori – perlopiù provenienti dall’Asia – nei cantieri che hanno innalzato gli stadi, l’attenzione si è soffermata sullo stato dei diritti civili nel paese ospitante.

Una persona omosessuale che seguirà la propria nazionale in Qatar, dovrà stare attenta o attento a evitare baci ed effusioni con il proprio compagno o la propria compagna in pubblico, per non incorrere in frustate e anni di reclusione (come previsto dalle leggi locali). Ovviamente non è esattamente ciò che si rischia – o almeno non più – se si visita il paese come tifosi, dato che il paese ospitante ha annunciato (grazie all’intervento della FIFA) che sarà permissivo con le manifestazioni pro-LGBT e l’esposizione di bandiere arcobaleno. Tutto ciò non cambia la sostanza dei fatti e lascia pensare che la tolleranza si limiterà ai mesi della manifestazione e ai turisti accorsi per il mondiale, senza alcun cambiamento per la comunità locale.
La parola che viene in mente è solo una: ipocrisia. La FIFA si è infatti spesso resa protagonista di campagne a favore della comunità LGBT – come in occasione del mese del Pride – sorvolando completamente sul “dettaglio” appena citato. L’opzione Qatar come sede del mondiale, tuttavia, porta almeno con sé la carta della coerenza, vista la continuità con la scelta della Russia come paese ospitante del 2018: una nazione che non ha di certo a cuore i diritti degli omosessuali.
Resta il problema di istituzioni sempre più attente a una comunicazione inclusiva e aperta (che non ha nulla di sbagliato) e meno alla dura realtà, nell’ambito della quale si tende a mettere in secondo piano il concetto di dritto e dignità umana – in ogni sua forma – rispetto al fascino miliardario di una competizione tanto rinomata. Un’altra occasione persa.
Fonte foto principale: Wikimedia Commons