Ceramica Flaminia, con Simeoni è sempre festa
Da Bergamo a 2008 a Civita Castellana 2023: dopo 15 anni una festa tra amici per ricordare Filippo Simeoni che conquista la maglia tricolore di Campione d’Italia
di Nando Aruffo

15 anni. Sono passati quindici anni e se non avessimo barba e capelli bianchi a Casa Flaminia non se ne accorgerebbe nessuno. E meno male che il tempo passa!
Era il 29 giugno 2008 quando Filippo Simeoni vince una corsa atipica (il campionato italiano) di uno sport atipico (il ciclismo).
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Un giro di telefonate e la riunione è presto organizzata. Nella sede della società, a Civita Castellana in provincia di Viterbo, mercoledì 28 giugno, 15 anni dopo, si ritrovano i laziali della zona: il direttore sportivo Giuseppe Petito detto Pino, i corridori Filippo Simeoni, Luigi Sestili, Umberto Nardecchia, il presidente Augusto Ciarrocchi, il direttore Francesco Bravini, Maurizio Spadoni dello staff.
In collegamento zoom il team manager Roberto Marrone e il fisioterapista Giuseppe Desiderio perché impegnato al Tour de France con la sua squadra attuale, la UAE.
Un bel pomeriggio coordinato da Livio Iacovella che, tra Eroica e Trofeo Binda, fu in quegli anni molto più di un addetto stampa. Un pomeriggio semplice e agile tra curiosità e aneddoti concluso con un bel rinfresco nel salone espositivo dell’azienda.
Filippo Simeoni ha rimarcato più volte che quella vittoria fu il risultato di un lavoro d’assieme che raramente aveva trovato nelle squadre precedenti: “Ringrazierò sempre tutti: compagni di squadra, massaggiatori, meccanici, i dirigenti, i direttori sportivi soprattutto Pino. Io stavo bene, mi sentivo pronto. Avevamo fatto le prove generali al Giro del Portogallo dove, in una tappa, ero stato raggiunto a cento metri dall’arrivo. A Bergamo, per fortuna, andò meglio”.
A Bergamo, secondo Pino, Pino Petito, andò come doveva andare. Ricorda quei giorni come se fosse ieri: “Fummo esclusi dal Giro d’Italia e riuscimmo a trasformare quella enorme delusione in grandissima motivazione di riscatto. Se a una squadra italiana togli il Giro, l’hai uccisa. Mi rifiutai di subire quella decisione senza reagire. Senza correre il Giro dovemmo convincere gli sponsor, a cominciare dal primo, Ceramica Flaminia, a pagare due trasferte, in Portogallo e in Spagna. Non potevamo presentarci al campionato italiano senza avere nelle gambe e nella testa i chilometri di alcune giornate di gara. Allenarsi da soli non basta: occorre avere i cambi di ritmo della corsa. Avevo studiato il circuito di Bergamo e puntammo tutto su Simeoni vincente. La strategia prevedeva Luigi Sestili in fuga dal mattino per far lavorare le squadre più forti: i favoriti erano Paolo Bettini e Filippo Pozzato. E poi Leonardo Giordani a fare da stopper in testa al gruppo mentre Filippo volava verso l’arrivo. Andò proprio così, andò bene”.
Interviene Luigi Sestili, oggi valente fotografo, sempre nel mondo sportivo, con la sua agenzia 6stili: “Andò bene, perché quella fuga riuscì ad aver 17 minuti di vantaggio e poi ho saputo che qualcuno diceva che non saremmo stati ripresi, Andò bene così”.
Sestili & Co. furono ripresi ma il prezzo pagato dagli inseguitori fu salatissimo: avversari spompati nel finale di corsa. Così Simeoni scatta a 5 chilometri dall’arrivo, Giordani tiene a bada gli inseguitori e la maglia tricolore finisce a Casa Flaminia per un niente. Simeoni riuscì a tenere un vantaggio di soli dieci secondi e vinse per un soffio, non più di dieci metri su quello che rimaneva del gruppo: 1 Filippo Simeoni, 2 Giovanni Visconti, 3 Filippo Pozzato.
Ci fu anche chi (Giuseppe Desiderio) quella vittoria non la vide ma la intuì sin dal giorno prima. Racconta il fisioterapista: “Aspettando l’arrivo sistemai il nostro camper vicino alle docce quando mi vidi arrivare addosso un bel gruppo di gente con Filippo che quasi non vedevo. Però capii subito che avevamo vinto – che aveva vinto – perché lui e il direttore, Petito, me lo avevano detto il giorno prima, sabato. Durante il massaggio Filippo mi diceva: sto bene, domani vinco. Il direttore era convinto: domani vinciamo con Filippo: abbiamo fatto tutto quello che c’era da fare: allenamenti, tattica, tutto. Abbiamo ragazzi in gamba”.
Quei ragazzi, quella squadra, subirono un’ingiustizia ancora più grave l’anno successivo, 2009, quando neanche la maglia di campione d’Italia fu tenuta in considerazione per partecipare al Giro: nuova esclusione e questa volta si capì subito che dietro quella decisione del direttore generale del Giro, Angelo Zomegnan, c’era la longa manus di Lance Armstrong, fiero nemico di Filippo Simeoni fin dal 2003, quando Filippo fu l’unico corridore a rivelare di aver fatto uso di sostanze dopanti prescritte dal dottor Michele Ferrari, che aveva in cura molti corridori, a cominciare da Lance Armstrong.
Si ricorderà, a tal proposito, che al Tour de France del 2004, alla terz’ultima tappa, Simeoni andò in fuga con altri sei corridori. Armstrong uscì dal gruppo, andò a riprenderli e disse con brutto muso a Filippo: “Finché sei qui, loro non faranno molta strada. Se vuoi che i tuoi colleghi proseguano la fuga, ti devi fermare”. E Filippo, da gran signore qual è, si rialzò, rientrò in gruppo scortato dall’americano in Maglia Gialla e i suoi colleghi potettero giocarsi la vittoria.
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Ma questa è un’altra storia emblematica del mondo del ciclismo ipocrita. Filippo Simeoni ricevette fiducia e stima da pochi: per esempio Pino Petito (che lo volle in quel Tour a dispetto di molti, tra i quali Mario Cipollini grande amico di Armstrong) Vincenzo Santoni e poi quella Ceramica Flaminia in cui chiuse la carriera.




