Sydney 2000: la svolta per la sostenibilità nello sport, almeno nei piani

di Chiara Aruffo

Nella scorsa puntata, abbiamo parlato delle prime iniziative concrete del CIO sul tema ambientale: l’Agenda 21 e la Dichiarazione di Rio sullo Sport e sullo Sviluppo Sostenibile. Da oggi, andiamo a vedere che spazio occupa la sostenibilità nell’ organizzazione delle varie edizione delle Olimpiadi.

I Giochi Olimpici – i Green Games – di Sydney 2000 hanno rappresentato il punto di svolta per la sostenibilità dei grandi eventi sportivi, anche se non sono mancate critiche per le opportunità mancate.

Pubblicità di Greenpeace contro il comitato organizzatore di Sydney 2000.

Nel 1993, l’anno dopo il disastro ambientale di Albertville e prima di qualsiasi segnale di attività del CIO in merito, Sydney vince la candidatura ai Giochi del 2000 puntando fortemente sulla questione ambientale. Il ministro Bruce Baird aveva dichiarato a supporto della candidatura: “Nessun altro evento all’inizio del ventunesimo secolo avrà un impatto sulla protezione dell’ambiente maggiore che i Giochi di Sydney 2000”. Il concetto di Green Olympics deriva addirittura da Greenpeace che tramite due architetti vicini al movimento disegna un Villaggio Olimpico alimentato dall’energia solare. L’organizzazione non governativa vede infatti i Giochi come l’opportunità di frenare il degrado ambientale in Australia e mostrare come soluzioni ecosostenibili siano fattibili. Tra i numerosi successi dell’organizzazione rientrano certamente il villaggio olimpico ecosostenibile, l’implementazione di un sistema di trasporto pubblico, la messa in opera di un sistema di gestione delle acque e di un impianto di riciclaggio.

Se sulla carta sembra davvero che a Sydney tutto giri intorno al “verde”, restano però alcune zone d’ombra. Lo slancio dato da Greenpeace, non viene pienamente sfruttato dal governo e dal CIO: gli australiani sembrano non essere al corrente di questo impegno sul fronte ambientale, e non vi è nessuna menzione in merito né alla cerimonia di apertura né a quella di chiusura dei Giochi. Anche a livello pratico, la riuscita dei Green Games sembra essere un po’ meno verde: il piano finale della riqualificazione dell’Homebush Bay è fortemente ridimensionato sul fronte ecosostenibile rispetto a quello presentato in occasione della candidatura. Evidenti mancanze portano addirittura a una presa posizione netta di Greenpeace contro il comitato organizzatore, con lo slogan “Green or Greed Games?” (Giochi verdi o della tirchieria?).

Nonostante le critiche, dal punto di vista del movimento olimpico, la realizzazione dei Giochi di Sydney rappresenta il giro di boa per quanto riguarda la sostenibilità urbana. Infatti, tutte i Giochi Olimpici successivi – estivi e invernali – hanno raccolto la sfida e presentato candidature con linee guida ambientali uguali o superiori a quelle australiane.

Nel prossimo episodio ci focalizzeremo sul quadriennio 2002-2006, andando ad analizzare le iniziative di Salt Lake City 2002, Atene 2004 e Torino 2006 in materia ambientale.

Bibliografia

Patrick Barkham (2000) Faster, higher, greener, The Guardian

Robyn Briese (2001) Sustaining Sydney: The ‘Green Olympics’ from a global perspective, Urban Policy and Research, 19:1, 25-42

Walker J. Ross & Becca Leopkey (2017) The adoption and evolution of environmental practices in the Olympic Games, Managing Sport and Leisure, 22:1, 1-18

Foto di copertina da ausco.com.au

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