Odiare non è uno sport
Quali sono in Italia i livelli di hate speech, linguaggio volgare, aggressività verbale e discriminazione nello sport? In Italia è sempre più pesante il linguaggio volgare in ambito sportivo. Almeno sui social media. Sul campione analizzato, quasi un commento su tre è considerato d’odio.
L’hate speech aumenta; si riduce leggermente la discriminazione
I dati del Barometro dell’odio nello Sport

Qual è il livello di hate speech online in ambito sportivo? In quali forme si sviluppa maggiormente e nei confronti di chi? Quali possono essere gli strumenti di prevenzione e contrasto al fenomeno? È quanto spiega e analizza il Barometro dell’Odio nello Sport, ricerca realizzata dal centro Coder dell’Università di Torino nell’ambito del progetto Odiare non è uno sport. Lo studio, è stato presentato mercoledì 25 ottobre alle ore 11, nella Sala Presidenti del CONI a Roma (Piazza Lauro De Bosis 15), alla presenza del Presidente del CSI, Vittorio Bosio, del Presidente della LIBERTAS, Andrea Pantano, e del Segretario generale del CONI, Carlo Mornati.
Il Barometro, giunto alla sua seconda edizione, permette una comparazione con gli anni precedenti, individuando trend e cause dello sviluppo dell’hate speech e proponendo forme di prevenzione e contrasto a uno dei fenomeni più drammaticamente dirompenti dello sport contemporaneo.
L’aumento dell’hate speech in rete, la discriminazione al ribasso ed altri significativi dati della rilevazione saranno analizzati ed illustrati nel corso della conferenza stampa da Giuliano Bobba, professore Università di Torino Dipartimento di Culture, Politica e Società, e da Antonella Seddone, professoressa Università di Torino, Dipartimento di Culture, Politica e Società, insieme ad altri esperti del settore e del progetto.
Piove odio nel linguaggio espresso sui social media su temi sportivi. E la ricerca del Barometro dell’odio nello Sport, presentato oggi al Foro Italico, con i suoi risultati vuole segnalarne il grado di pressione.
I crescenti discorsi d’odio, il cosiddetto “hate speech”, sono ben evidenziati dai numeri di questa ricerca, realizzata dal Centro CODER dell’Università di Torino nell’ambito del progetto “Odiare non è uno sport” (AID 012618/4), realizzato con il sostegno dell’Agenzia Italiana per la Cooperazione allo Sviluppo, che ha monitorato per tre mesi, dal 1° ottobre 2022 al 6 gennaio 2023, i social (Facebook e Twitter) delle 5 principali testate sportive italiane: Gazzetta dello Sport,Tuttosport, Il Corriere dello Sport, Sky Sport e Sport Mediaset.
Quattro le categorie utilizzate per definire l’hate speech: linguaggio volgare, aggressività verbale, aggressività fisica e discriminazione.
UN MILIONE DI COMMENTI D’ODIO
Nel campione analizzato, pari 3.412.956 su Facebook e 29.625 su Twitter, circa un milione di commenti sono stati classificati come hate speech e di questi circa 200.000 contenevano almeno un riferimento alla discriminazione.
Il calcio è il tema dominante nelle interazioni online: rappresenta circa il 96% dei post analizzati su Facebook e Twitter.
Tutte le squadre di calcio mostrano livelli simili di linguaggio d’odio nel flusso dei commenti.
L’HATE SPEECH AUMENTA, IN LEGGERO CALO LA DISCRIMINAZIONE
Su Facebook, rispetto al 2019, anno della prima rilevazione, la percentuale di post senza commenti di odio è diminuita dal 25,7% al 15,1%, mentre i post con più di 25 commenti di hate speech sono aumentati dal 13,6% al 29,8%. Anche su Twitter, rispetto al 2019, la percentuale di hate speech è cresciuta in maniera significativa: il 54,9% dei commenti è stato identificato come hate speech, mentre nel 2019 era il 31%.
La dimensione più frequente è rappresentata dall’aggressività verbale con una percentuale pari al 67,3%, seguita dal linguaggio volgare con il 22,1%. Mentre discriminazione e aggressività fisica registrano valori più bassi nel 2022 rispetto al 2019, passando rispettivamente da 7% a 6,5% e da 6% a 4,1%.
IL CALCIO AL CENTRO DEI DISCORSI D’ODIO
Dalla ricerca si evince che oltre il 95% dei post analizzati riguarda il calcio e che alcuni personaggi collegati a questo sport – calciatori, allenatori, commentatori e compagne di calciatori – contribuiscono a generare un alto volume di interazioni a cui corrisponde una quota variabile tra il 10% e il 20% di volgarità, aggressività e discriminazione.
Nel complesso la ricerca evidenzia l’importanza di affrontare il problema dell’hate speech nello sport online, promuovendo un ambiente inclusivo attraverso il coinvolgimento di tutti gli attori in campo.
ODIARE NON È UNO SPORT – IL PROGETTO

La ricerca rientra nell’ambito del progetto “Odiare non è uno sport” (AID 012618/4), realizzato con il sostegno dell’Agenzia Italiana per la Cooperazione allo Sviluppo – tramite il bando “Educazione alla Cittadinanza Globale” – e promosso dal Centro Volontari Cooperazione allo Sviluppo (CVCS) in partenariato con 7 ONG italiane con ampia esperienza nell’educazione alla cittadinanza globale (Amici dei Popoli ONG, ASPEm, CELIM Milano, COMI – Cooperazione per il mondo in via di sviluppo, COPE – Cooperazione Paesi Emergenti, LVIA, Progettomondo); gli Enti di Promozione Sportiva Centro Sportivo Italiano e Centro Nazionale Sportivo Libertas; Informatici Senza FrontiereAPS e ImpactSkills per lo sviluppo delle soluzioni tecnologiche; e due Atenei (Università degli Studi di Torino e Università degli Studi di Trieste) per la realizzazione della ricerca e la supervisione scientifica.
#OdiareNonEunoSport #NoHateSpeech
Per conoscere e contrastare l’hate speech serve l’attenzione e l’impegno di tutti.
