Giocare in Serie A è una questione di prezzo
di Emanuele Di Casola
Il Parma che prende il posto dell’Empoli è il caso più recente della riforma voluta dalla FIGC per dare impulso al calcio femminile

Immaginate se un club di calcio possa acquistare un posto nel massimo campionato del paese in cui gioca.
Immaginate se una squadra neo-promossa in Serie A, dopo tutti i festeggiamenti del caso e i tifosi in visibilio, ceda l’opportunità di calcare campi prestigiosi al miglior offerente ripartendo dalle serie minori.
È ciò che succede nel calcio femminile, dove la Federazione ha dato la possibilità ai club di cedere e acquistare titoli sportivi. Qualsiasi società si accordi con un’altra può così comprare un posto in Serie A e garantirsi la partecipazione al massimo campionato.
L’ultima squadra a farlo, in ordine di tempo, è stato il Parma del presidente Kyle Krause. La squadra emiliana ha acquisito il diritto di disputare la prossima Serie A femminile dall’Empoli Ladies.
Una pratica che a primo impatto fa storcere il naso, contraria alla meritocrazia che deve contraddistinguere uno sport. Anche se, a onor del vero, molte delle calciatrici dei nuovi team che portano il nome dei grandi club provengono dalle squadre acquisite, si tratta del vero e proprio sacrificio di squadre dilettantistiche storiche del calcio femminile in nome del rilancio di un sistema.
Comprare un posto in Serie A: la base della rifondazione

Il Parma, come detto, è solo l’ultimo club ad aver portato a termine una trattativa di acquisizione di titoli sportivi. Quasi tutti i club militanti nell’attuale Serie A femminile hanno infatti acquisito titoli da altre squadre. Ne è un esempio la Juventus Women, che ha acquistato il titolo sportivo del Cuneo nel 2017. O la A.S. Roma, che nel 2018 ha acquistato il titolo dalla RES Roma.
Una possibilità, quella concessa dalla Federazione Italiana Giuoco Calcio, che ha in realtà dato una spinta al movimento calcio femminile in Italia, grazie proprio all’ingresso degli storici club maschili nelle competizioni femminili. Un incentivo in vista del passaggio del massimo campionato dal dilettantismo al professionismo e i costi che questa transazione comporterà, a partire dagli ingaggi. Secondo fonti FIGC, tuttavia, alle blasonate squadre maschili sarà concessa la compravendita di titoli massimo per altri due anni.
Restano i dubbi intorno a questa strategia da parte della Lega – in palese dissonanza con lo spirito del calcio e di qualsiasi sport – ma forse necessaria per concedere al calcio femminile il pubblico che indubbiamente merita, sfruttando il bacino di tifosi e le possibilità di investimento derivanti dal calcio maschile.