Elisabetta Mijno, la dottoressa del tiro con l’arco
di Chiara Aruffo
A metà giugno la Hyundai Archery World Cup ha fatto tappa a Parigi. Ne abbiamo approfittato per una chiacchierata con Elisabetta Mijno, atleta paralimpica alla seconda convocazione in nazionale normodotati.
“Io do sempre il meglio”, si conclude così la nostra chiacchierata. Questa frase racchiude bene l’essenza di Elisabetta Mijno e per una volta tanto vale partire dalla fine. Elisabetta è un’arciera, solitamente gareggia con la nazionale paralimpica nell’arco ricurvo nella classe W2 (arcieri paraplegici, o con disabilità simile, che tirano in carrozzina) ed è alla seconda apparizione con la nazionale normodotati.
Il tiro con l’arco: uno sport per tutti

Come ci racconta Elisabetta: “Il tiro con l’arco è uno sport veramente inclusivo dove atleti paralimpici possono gareggiare contro i normodotati. Questo è possibile, perché gli archi sono gli stessi e non c’è conflitto a livello di regolamento, basta chiedere l’approvazione per poter gareggiare con un supporto che nel mio caso è la carrozzina. A questo punto uno potrebbe chiedersi perché mantenere le competizioni paralimpiche ma secondo me è giusto perché esistono difficoltà oggettive in più ed è giusto potersi confrontare alla pari.”
In effetti non è l’unica atleta paralimpica presente a Parigi. Prima di lei avevano fatto il salto dalla nazionale “para” a quella “normo” anche Paola Fantato (unica italiana a partecipare a Giochi Olimpici e Paralimpici in occasione di Atlanta 1996) e in tempi più recenti Alberto Simonelli ed Eleonora Sarti.
“Gareggiare anche con i normodotati mi permette di confrontarmi ad un livello più alto: nell’arco paralimpico sono tra le prime tre al mondo, qui ci sono molte più atlete più forti di me nel ranking. Per me questo vuol dire anche uscire dalla mia normalità, mi sono emozionata il primo giorno di gare perché era la mia prima World Cup. Se da una parte è un vantaggio gareggiare di più, dall’altra parte il doppio impegno è faticoso e sono costretta a scegliere a quali eventi partecipare. Per venire qui ho dovuto rinunciare a una trasferta con la Nazionale paralimpica.” Elisabetta non è solo un’atleta: è anche un Chirurgo della Mano al CTO di Torino e deve gestire l’agenda sportiva in base a quella professionale, con la sfida ulteriore di essere all’inizio della carriera medica dove è importare fare esperienza per imparare il più possibile.
La visibilità del mondo paralimpico
Il discorso vira inevitabilmente sulla visibilità del movimento paralimpico al di fuori dei grandi eventi, argomento già affrontato anche con Francesco Carboni e Sandrino Porru, rispettivamente Responsabile dell’Area Tecnica e Presidente della FISPES, proprio a Parigi qualche settimana fa. Elisabetta ha le idee chiare in merito: “Io vado nelle scuole quando mi invitano e mi piace fare due chiacchiere con i ragazzi sulle mie esperienze sportive e anche di studio. Lo sport paralimpico va non solo guardato, ma soprattutto va spiegato per metterlo nel contesto giusto. Chi si avvicina a questo tipo di eventi deve capire perché ai Mondiali di Nuoto Paralimpico l’Italia vince 64 medaglie e ai Mondiali per normodotati invece si ferma a 9. È necessario spiegare che esistono classi di sport differenti e allo stesso tempo bisogna guardare agli atleti paralimpici come delle persone normali, non siamo degli eroi: questa è la nostra quotidianità. Ognuno fa sport secondo le proprie possibilità e questo discorso vale anche per noi.” A questo proposito, ricordiamo ai nostri lettori la guida agli sport paralimpici pubblicata in occasione di Tokyo 2020 e in particolare la scheda sul tiro con l’arco paralimpico.
Accessibilità per tutti
La normalità della disabilità, come l’aveva definita Sandrino Porru, il presidente della FISPES secondo il quale “l’approccio deve essere il più universale possibile, costruendo occasioni e strutture accessibili a tutti.” Su questo tema, quello dell’accessibilità, ci troviamo entrambe d’accordo pur venendo da esperienze di vita diverse (lei con una carrozzina, io con un passeggino): lavorare su strutture accessibili non vuol dire migliorare solo la vita quotidiana dei disabili ma facilitare la vita a moltissime persone che non hanno necessariamente disabilità fisiche, come ad esempio anziani e bambini. Su questo, la strada per Parigi 2024 è ancora lunga, ci auguriamo però di vedere Elisabetta sia ai Giochi Olimpici sia a quelli Paralimpici.
La scheda di Elisabetta Mijno
Elisabetta Mijno è una delle veterane della Nazionale Italiana di tiro con l’arco, la sua specialità è l’arco olimpico (chiamato anche ricurvo). E’ nata a Moncalieri, in provincia di Torino il 10 gennaio 1986 ed è diventata paraplegica a 5 anni a causa di un incidente stradale. Ha cominciato a tirare con l’arco a 10 anni ed è in Nazionale dal 2001.
La sua prima esperienza internazionale risale ai Giochi Paralimpici di Pechino 2008: nono posto nell’arco olimpico individuale. Le prime medaglie internazionali arrivano due anni dopo: agli Europei di Vichy (Francia) conquista l’oro nella competizione a squadre miste e due medaglie d’argento nell’individuale e con la squadra femminile. Agli APC Archery Cup di Bangkok 2011 si aggiudica la prima medaglia d’oro nella categoria individuale. Nel 2012 va ai Giochi Paralimpici di Londra 2012 e conquista l’argento individuale. Nel 2014 è oro agli Europei di Nottwil; nel 2015 è bronzo ai Mondiali Donaueschingen (Germania) e nel 2016 è bronzo alle Paralimpiadi di Rio de Janeiro nella competizione a squadre miste in coppia con Roberto Airoldi. Nel 2019, ai Campionati mondiali Para Archery di ‘s-Hertogenbosch, vince due medaglie (che le valgono la qualificazione per i Giochi Paralimpici 2020): l’argento nella gara a squadre miste open insieme con Stefano Travisani e il bronzo nella competizione a squadre femminile open. A Tokyo conquista l’argento nella gara a squadre miste in coppia con Stefano Travisani.
E’ laureata. Ha studiato medicina e chirurgia all’Università degli Studi di Torino, si è specializzata in ortopedia e traumatologia presso lo stesso ateneo, dedicandosi in particolare alla chirurgia della mano. Lavora al CTO di Torino.

Foto di copertina: World Archery/Dean Alberga