L’armata Brancaleone del cricket
Un kolossal indiano racconta una mitica prima partita di quello che diventerà lo sport nazionale: il cricket.
di Gigi Marchitelli
“Lagaan” in hindi significa semplicemente “tassa” o, più precisamente, “tassa sul raccolto”. In Italia un film con un titolo simile vedrebbe sale desolatamente vuote: invece Lagaan – C’era una volta in India del regista Ashutosh Gowariker ha avuto un grande successo e vale la pena parlarne anche qui.
Si tratta di un kolossal che ruota attorno ad un’unica partita di cricket, un film lunghissimo di quasi 4 ore (224 minuti), lungo anche per gli standard indiani abituati a film di più di due ore. Ma Lagaan è un film che si lascia guardare anche da spettatori meno abituati a questi tempi. Ambientato in India nel 1893, nel pieno della dominazione inglese, unisce sport e politica coloniale, amori, scene musicali, toni leggeri alternati a toni drammatici, ed è quindi da un lato la classica pellicola prodotta dall’industria cinematografica di Bombay, “Bollywood”, che è la più grande industria di divertimento e intrattenimento del mondo. D’altra parte Lagaan è un film ambizioso, costoso, ed è stato un successo al botteghino in tutto il mondo. Interpretato da Amir Khan, che è uno delle star bollywoodiane più acclamate dal pubblico indiano, è stato realizzato con un occhio al pubblico d’oltremare.
L’operazione è in parte riuscita, infatti il film ha ricevuto una nomination all’Oscar come miglior film straniero e ha ottenuto ottimi successi nel sale del nord America.

TRAMA
Anche se due delle quattro ore del film sono occupate dal cricket, la vicenda è abbastanza intricata, quindi sintetizzerò qui la trama. La storia si svolge al culmine del Raj, il governo inglese di occupazione in India. Siamo nel 1883 a Champaner, nel Gujarat (India occidentale); il comandante britannico locale è il capitano Russell (Paul Blackthorne), che governa la regione con una vena razzista, insulta in faccia il maharajah locale, immaginatevi come tratta i contadini. Persino i suoi colleghi ufficiali pensano che sia esagerato. Egli amministra il “lagaan”, che è la tassa annuale che i contadini devono pagare al loro maharaja e lui agli inglesi. È tempo di siccità e fame e gli agricoltori non riescono a pagare.
Bhuvan (Aamir Khan) è invece un giovane con la stoffa del leader. Affronta Russell e trova il suo punto debole: il capitano è ossessionato dal cricket, un gioco tipicamente inglese e poco conosciuto dagli indiani. Tra i due si accende la competizione e parte la scommessa: i britannici e una squadra del villaggio giocheranno una partita di cricket. Se vincono gli indiani, non ci sarà nessun “lagaan” per tre anni, per tutta la provincia. Se gli inglesi vincono, i “lagaan” saranno triplicati. Gli abitanti del villaggio pensano che Bhuvan sia pazzo, dal momento che una tripla tassa li distruggerebbe, ma dal momento che non riescono neanche a pagare la tassa attuale, non hanno nulla da perdere.
Bhuvan riunisce e inizia ad allenare una squadra, una specie di armata Brancaleone politically correct: c’è il sacerdote indù, ma anche qualche musulmano e, naturalmente, un fuori casta che, per risparmiare sui personaggi, è anche disabile (ma il suo braccio storpiato gli permette di lanciare una palla che magicamente curva all’improvviso). Elizabeth Russell (Rachel Shelley), sorella del capitano “malvagio”, crede che l’accordo fatto da suo fratello sia ingiusto e segretamente si avvicina a Bhuvan per fornire indicazioni tecniche sul cricket. La sua vicinanza a Bhuvan disturba Gauri (Gracy Singh), una giovane che crede fin dall’infanzia che lei e Bhuvan siano destinati a sposarsi. Ma uno dei giocatori, Lakha (Yashpal Sharma), vuole Gauri per se stesso, e fa da spia a Russell perché pensa che se Bhuvan perde la faccia, avrà migliori possibilità con la ragazza.
Tra coreografie, amori, allenamenti e colpi di scena si arriva finalmente alla partita di cricket, fissata in tre giorni (e sì, tanto e anche di più può durare una vera partita) e che possiamo seguire anche se non ne conosciamo le complicate regole: durante la partita – cui è dedicato quasi la metà del film – tutti i nodi verranno al pettine e avranno risoluzione. Come sfondo all’azione, c’è l’India stessa. Il regista Ashutosh Gowariker non teme di soffermarsi su palazzi, vaste pianure, villaggi, un interessante affresco dell’India del passato.

Indubbiamente Lagaan è un film sportivo, eppure allo stesso tempo è una commedia sentimentale, un musical, un film politico che guarda all’indipendenza dell’India in versione rigorosamente non-violenta, gandhiana verrebbe da dire. Pure con tutta la serie di stereotipi che Bollywood si porta appresso, a me che amo spaziare oltre le colonne d’Ercole di Hollywood e Cinecittà il film è piaciuto. L’estetica eclettica della messa in scena, diabolicamente efficace (si notino le inquadrature alla maniera di Sergio Leone), funziona altrettanto bene per il pubblico occidentale che per quello orientale. Capire le regole del cricket è impresa più disperata che non imparare quelle del baseball in un film americano, ma poco importa: basta usare un montaggio serrato e far vedere, nelle espressioni dei giocatori, quando i buoni vincono e quando, invece, stanno perdendo.
Inserendo inoltre qualche buona idea di sceneggiatura, come nella scena che assegna, non vi dirò come, non vi dirò a chi, l’ultimo, decisivo punto della partita.
Lagaan – C’era una volta in India di Ashutosh Gowariker
Titolo originale: Lagaan Once upon a time in India
Nazione: India
Anno: 2001
Genere: storico, sportivo
Durata: 224′
Distribuito, anche nella versione italiana, su Netflix