Tutto molto bello: un ricordo di Bruno Pizzul giornalista sportivo

di Pamela Fabiano
Bruno Pizzul è morto all’ospedale di Gorizia, il 5 marzo scorso. Il più conosciuto e amato telecronista sportivo d’Italia avrebbe compiuto 87 anni proprio oggi, ma dopo un ricovero di circa due settimane ci ha lasciato.
Due vite: il calcio giocato e quello raccontato
Ex calciatore, laureato in Giurisprudenza, Bruno Pizzul aveva la sua passione per il calcio fin da bambino e, come molti bambini del suo tempo, aveva iniziato a giocare a calcio all’oratorio. Dalla squadra parrocchiale di Cormons, passò alla Pro Gorizia, alternando lo studio all’attività sportiva: dopo la maturità classica, si laureò in giurisprudenza e, successivamente, insegnò materie letterarie nelle scuole medie. Divenne calciatore professionista e arrivò in serie B nel 1958, ma la sua carriera sportiva finì presto a causa di un infortunio al ginocchio.
Questo episodio, che molti videro come una sconfitta, divenne la fortuna di Pizzul. Nel 1969, fu assunto in Rai dopo aver partecipato al concorso nazionale per radio-telecronisti aperto a tutti i giovani laureati del Friuli-Venezia Giulia. E la sua vita cambiò.
È stato il telecronista di innumerevoli partite di calcio. Ha accompagnato, con la sua sempre più familiare e riconoscibile voce, le partite della Nazionale italiana fino al 2002 e in cinque edizioni dei Mondiali, tra cui quella delle “notti magiche” italiane del 1990. Il suo vocabolario era caratterizzato da eleganza, sobrietà, grande competenza tecnica, mai eccessivo o spora le righe. Sicuramente, nel suo genere fu un innovatore perché rinnovò lo stile delle telecronache dei suoi predecessori, pur restando sempre in secondo piano rispetto alla partita. Nel 1985 in Belgio, dovette raccontare in diretta la tragedia che stava accadendo mentre si giocava la finale di Coppa dei Campioni Juventus-Liverpool, quando nella calca morirono 39 persone nello stadio Heysel.
Credere nello sport: giornalista, educatore, divulgatore
In molte occasioni, poi, nel corso della sua vita, si è rivelato essere una persona di grandi e profondi valori umani. Nel 2023, in occasione della morte di Gianluca Vialli, sottolineava quanto sia determinante, anche nello sport, lo spessore umano di una persona: “La grande testimonianza di affetto che Vialli ha ricevuto in tutto il mondo – ha detto Bruno Pizzul – è stata caratterizzata dal fatto che progressivamente si è parlato sempre meno delle sue prodezze di calciatore e sempre più della sua grande dimensione di uomo”. Una attenzione all’umano, in ogni sua sfaccettatura, Pizzul l’aveva testimoniata anche in un suo libro: “Credere nello sport. La fede nelle interviste ai campioni”. Il volume, edito da Monti nel 2000 e oggi introvabile, fu scritto da Fabio Pizzul, il figlio del giornalista, e attraverso un dialogo con lui, Bruno racconta la dimensione della fede cattolica che per lui era sempre stata pilastro di vita nella sua professione giornalistica.
«Tutto molto bello!»: lo sport come luogo in cui le persone possono dare il meglio di sé
In una recente intervista proprio a Fabio Pizzul, dopo la scomparsa del padre leggiamo ciò che non sapremmo scrivere meglio di lui per descriverlo: “Lo sport è stato una parte essenziale della vita di mio papà – dice Fabio Pizzul a chiesadimilano.it – “Considerava lo sport come una metafora della vita: rispetto delle regole, correttezza nei confronti degli avversari, volontà di mettersi continuamente alla prova tentando di migliorare se stessi. Direi anche sport come possibilità per sdrammatizzare alcuni momenti della vita e cogliere invece gli aspetti positivi dell’esistenza umana. Lo sport per tirar fuori il bello e il meglio delle persone. Quella sua espressione che molti considerano idiomatica – «tutto molto bello!» – secondo me racconta bene il suo modo di vedere lo sport come luogo in cui le persone possono dare il meglio di sé e per far emergere la positività dello stare insieme con gli altri.