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Mamme e atlete: fate sport, perché fa bene

Presenti le campionesse Granbassi, Navarria e Quintavalle, al CONI sono stati illustrati i risultati di una ricerca sui benefici per le atlete dell’attività sportiva in gravidanza e dopo il parto

Da sinistra: Navarria, Granbassi, Malagò, Bianchedi, De Conto, Quintavalle (foto: Coni)

di Nando Aruffo

ROMA – Indubbiamente, l’iniziativa è intelligente. Nel 2018 il CIO, Comitato Olimpico Internazionale, invita i comitati olimpici a effettuare uno studio sugli effetti positivi dell’attività sportiva in gravidanza e dopo. Il CONI, Comitato Olimpico Nazionale Italiano, recepisce l’invito e amplia lo studio a un monitoraggio sulle atlete azzurre. Adesso arrivano i primi risultati.

Lo studio è stato realizzato con 55 atlete olimpiche che hanno avuto figli durante la carriera agonistica. E’ stato realizzato da tre medici dello sport, un ginecologo, due preparatori atletici e un analista statistico: sono le dottoresse Erica Iemme e Adele de Matti, la professoressa Giovanna Testa, Luca Bonaguidi, Cristian Borrazzo e Annalisa Coltorti. Il gruppo di lavoro è stato coordinato da Diana Bianchedi, attualmente presidente della Fondazione Milano Cortina 2026.

MAMME-RECORD – La presentazione è avvenuta al Salone d’Onore del CONI alla presenza di tre mamme-atlete: Margherita Granbassi, Mara Navarria, Giulia Quintavalle, tutte campionesse. Hanno raccontato la loro esperienza e ognuna ha stabilito, sicuramente senza volerlo, un record. Margherita Granbassi è ingrassata di venti chili; Mara Navarria ha praticato sport fino all’ottavo mese e ha ricominciato ad allenarsi dopo due mesi dalla nascita di Samuele; Giulia Quintavalle, prima judoka italiana a vincere una medaglia d’oro a un’Olimpiade (Pechino 2008) non è riuscita a risalire al peso di categoria ma va detto che il suo sport mal si addice a una neo-mamma.

L’ufficio stampa del CONI ha stilato una relazione dettagliata sul progetto.

METODI – La ricerca statistica si è focalizzata sulle ultime cinque edizioni dei Giochi Olimpici, da Sydney 2000 a Rio de Janeiro 2016 dalle quali è emerso che 55 atlete hanno portato a termine la gravidanza per poi tornare a gareggiare. Avevano tra i 19 e 41 anni e l’età media di concepimento si è attestata a 31 anni. E’ stato fornito loro un questionario diviso in quattro parti: gravidanza, parto, post-parto, ritorno alla competizione. Tutte sono state intervistate telefonicamente. L’andamento della gravidanza è stato valutato in termini di: aumento di peso, modifiche nel sonno, problematiche urogenitali, dolore lombare, infortuni. Sono stati valutati il numero e la tipologia degli allenamenti eseguiti sia in gravidanza sia nel post-parto. Quanto ai neonati,il valore medio di Apgar* era di 9.8; il peso di kg 3,2 di media e la lunghezza di cm 51. La media dei giorni di ricovero per il parto è risultata di 3 giorni; nel 90% dei casi le mamme hanno allattato al seno i figli.

I NUMERI – Le atlete sono tornate all’attività agonistica in media 7 mesi dopo il parto, effettuando la prima gara, in media, dopo un anno.

  • Il 50,6% è tornato alle competizioni internazionali.
  • Il 40% è tornato sul podio.
  • Il 30% ha vinto una medaglia d’oro.
Sport gravidanza CONI

LE CONCLUSIONI – Lo studio dimostra che le atlete, se seguite, possono allenarsi in sicurezza sia in gravidanza sia dopo il parto. Molte atlete hanno migliorato le proprie prestazioni. Sia per la donna-atleta sia per la donna NON atleta in assenza di patologie, l’attività sportiva dev’essere considerata strumento utile per la tutela della salute e della mamma e del neonato. Con il supporto di persone competenti, la vita attiva e l’allenamento significano maggior salute tanto per il bambino quanto per la mamma. I dati ricavati sono utili non solo per le mamme atlete ma anche per le NON atlete, perché le modalità di comportamento in termini di attività fisica porta a benefici sia prima sia dopo il parto. Il preparatore atletico è servito per per compilare schede ed esercizi adatti in gravidanza e dopo il parto da effettuare sempre sotto il controllo medico.  

Sport e medicina, dunque, con il sostegno di un’azienda del settore: Artsana con il marchio Chicco. Sicuramente è una scelta pubblicitaria fattore che non ha impedito all’amministratore delegato del gruppo di pronunciare concetti importanti e certo non scontati.

Lo studio è in pubblicazione sulla rivista “Medicine & Science in Sport & Exercise” dell’American College of Sport Medicine.

* L’indice di Apgar prende il nome da Virginia Apgar, anestetista  statunitense che lo ideò nel 1952. E’ il risultato di controlli effettuati subito dopo il parto. Serve a valutare l’adattamento del neonato alla vita, in particolare la vitalità e l’efficienza delle funzioni vitali primarie.

LE VOCI DEI PROTAGONISTI

GIOVANNI MALAGÒ, presidente del CONI: “Sono nonno tre volte, vado per il quattro e le mie figlie non vogliono fermarsi. Tutto parte dalla mamma: la nostra mamma è il CIO che è molto attento a queste cose. Noi abbiamo ampliato lo studio con i numeri: si deve cercare di avere una carriera duplice, atleta e mamma, e lo studio dimostra che si può. Gli elementi e i dati forniti da questo studio possono contribuire ad accompagnare le donne nel percorso, supportandone l’azione. Sono felice del connubio CONI-Chicco, certo che la ricerca sarà funzionale alla crescita del movimento”.

CLAUDIO DE CONTO, amministratore delegato del Gruppo Artsana: “Grazie a Diana, grazie al CONI. Da due anni noi abbiamo spostato la nostra attenzione dal bambino ai genitori, alla famiglia: perché oggi è difficile mettere al mondo figli e non soltanto per la crisi economica. E’ un problema socio-culturale. Partiamo dall’esempio delle atlete per dare un messaggio positivo a tutte le donne: i loro obiettivi professionali e personali non sono e non devono essere incompatibili con la maternità. Ciascuno di noi può fare la propria parte affinché le donne non si trovino più di fronte a una scelta tra atleta o mamma, perché un’atleta può essere anche mamma. Per questo, attraverso il brand Chicco, lanceremo a giugno una campagna di sensibilizzazione che trasformerà simbolicamente tutte le “o” in “e” per sostenere ogni donna nell’essere atleta, artista, manager, professionista “e” al tempo stesso anche mamma. Questa campagna sarà il punto di partenza per dare vita a diverse iniziative volte a supportare le donne con servizi e soluzioni”.

MARGHERITA GRANBASSI, scherma, mamma di Leonor: “Quando sono rimasta incinta avevo già smesso per un infortunio. Dopo la nascita ho allattato per sei mesi e sono stata una cosa sola con la bambina per un anno, sono riuscita a vivere completamente l’esperienza di mamma, ho fatto le prime camminate con la bambina nel marsupio. Ho accettato felice i cambiamenti del corpo, sono tornata a fare sport quando ne ho avvertito l’esigenza e la bambina ha sempre viaggiato con me. Forse oggi, con questi studi nuovi, non sarei stata fermata al terzo mese”.

MARA NAVARRIA, scherma, mamma di Leonardo: “Non è stato un periodo semplice. Mi sono accorta di essere incinta entrando alla mensa del villaggio olimpico. Il parto è stata un’esperienza positiva però già nel primo mese avevo poco latte, ero in preda allo sconforto quando mio marito mi ha detto: perché non corri? Con la corsa mi è tornato il latte. Sono stata fortunata, perché Esercito e Federscherma mi hanno sostenuto. Da mamma ho anche vinto due medaglie, quindi dico a tutte: si può fare”.

GIULIA QUINTAVALLE, judo, mamma di Samuele e Zoe: “Dopo la medaglia olimpica, un bambino è il massimo: ho due figli e adesso convinco mio marito a fare il terzo, chissà… Il mio sport, judo, non si concilia molto con la gravidanza, perché rischi di perdere il bambino e anche dopo non è stato facile riprendere, perché le nostre categorie vengono stabilite dal peso: io m’ero fermata a 55 chili e non riuscivo a risalire ai 57. Ho impiegato un anno a riprendere il tono muscolare, puntavo a Rio 2016 però non ho avuto la forza di volontà e ho deciso di smettere. Ha vinto mio figlio, Leonardo, e dopo di lui è nata Zoe”.

DIANA BIANCHEDI, coordinatrice dello studio, mamma di Giulia e Federico: “La ricerca è nata per dare concretezza allo studio del CIO: abbiamo sfogliato gli annuari della preparazione olimpica, abbiamo individuato 55 atlete tornate a gareggiare, le abbiamo divise per sport e chiamate una per una. Di queste, il 50% è tornato ad alti livelli e – senza polemica alcuna – non è poco: atlete e mamme, mamme e donne: come sostiene l’Organizzazione Mondiale della Sanità la salute è anche benessere psicofisico, non solo assenza di malattie. La grande sfida è fare spot per la salute della mamma e del bambino. Da medico, con una tesi in ginecologia, invito tutti i colleghi a utilizzare l’attività fisica come strumento per dare salute a mamme e bambini”.

LUCA BONAGUIDI, preparatore atletico: “La ricerca è cominciata con due macroaree: prima e dopo il parto. Il tempo è stato diviso in trimestri; le sedute di allenamento sono state scandite settimanalmente con modifiche individuali. Credo che questa esperienza possa essere utile a tutte le mamme che riprendono l’agonismo: ti aiuta a sapere cosa fare per essere performante”.

GIOVANNA TESTA, dottoressa: “Lo studio dimostra che l’esercizio fisico in gravidanza è sicuro e consigliabile. E’ opportuno sia fatto sotto controllo medico e da personale specializzato anche in considerazione dell’attitudine allo sport di ogni singola paziente”.

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