José Mourinho in Vaticano: “Il Papa è uno di noi!”

di Pamela Fabiano
Dalla fine del mondo: 10 anni di pontificato di Papa Francesco è stato il tema dell’incontro che si è svolto nel pomeriggio alla Pontificia Università Gregoriana a Roma, durante il quale il Card. José Tolentino de Mendonça, Prefetto del Dicastero per la Cultura e l’Educazione del Vaticano, ha dialogato con Josè Mourinho, allenatore della Roma, davanti a più di cento studenti e giornalisti.
Mourinho è apparso fin da subito molto emozionato: “Non so bene se sono all’altezza e se sarà interessante quello che dirò!” ha detto nel prendere la parola. I due ospiti, moderati dal direttore dell’Osservatore romano, Andrea Monda, hanno dialogato aprendo una serie di tre appuntamenti sulla prossima Giornata Mondiale della Gioventù che si svolgerà a Lisbona, in Portogallo, dal 1 al 6 agosto e che radunerà centinaia di migliaia di giovani da tutto il modo attorno a papa Francesco.
Una proposta per i giovani
Obiettivo di questi tre appuntamenti è quello di inquadrare le prospettive aperte dal magistero di questo pontificato, declinate come proposte rivolte alle nuove generazioni. Insomma, un obiettivo alto e “accademico” al quale l’allenatore della Roma non si è sottratto. Anzi. Nel rispondere alle sollecitazioni fatte dal card. De Mendonça – anch’egli portoghese e fine poeta contemporaneo – Mourinho ha parlato in maniera franca della sua formazione scolastica e della guida di un suo caro professore di filosofia che lo ha aperto agli orizzonti del mistero e del trascendente, ma anche dell’amore verso l’altro, verso il più debole. “La mia prima esperienza come professore di educazione fisica – ha raccontato – è stata con ragazzi con la sindrome di Down. Non mi sentivo all’altezza. Ma lì ho scoperto che l’unica cosa che potevo dare era amore”.
Nel corso della chiacchierata, trasmessa anche sul canale Youtube dell’Università, i due ospiti hanno affrontato l’argomento del dialogo intergenerazionale. “Il mondo” ha detto Mourinho “non è solo dei giovani ma di tutti. Il giovane può imparare da un anziano e viceversa. Nel mio caso specifico – un sessantenne che guida ragazzi tra 20 e 30 anni – se non si ha la capacità di confrontarsi con loro e imparare con loro, non si va avanti nella relazione. Sono in una fase della carriera in cui capisco, finalmente, le necessità dei ragazzi, la capacità che hanno di lavorare in alcune condizioni e non in altre, ma prima è stato difficile per me arrivare a comprenderli. Allo stesso tempo la costruzione del loro futuro non può esserci senza coloro che hanno i capelli bianchi!”.
Educare allo sport è educare alla accoglienza delle proprie fragilità
Passando al tema dell’educazione sportiva dei giovani, il card. De Mendonça ha affrontato l’argomento del senso agonistico di una partita e del tema della fragilità e del fallimento. La gestione delle fragilità e delle vulnerabilità è stata oggetto della domanda a Mourinho: come avere una grammatica dell’umano che non escluda la fragilità, ma che la valorizzi?
Mourinho, facendosi più serio, ha commentato che si dovrebbe far capire ai più giovani che si può imparare a gestire le proprie fragilità e a non condividerle necessariamente con tutti sui social, per esempio, per essere meno esposti e fragili. Parlando della sua esperienza personale, poi, ha aggiunto: “Se devo condividere le mie fragilità, lo faccio nella mia intimità con i miei.
A livello professionale, sono capace di gestire le fragilità anche da solo, in modo equilibrato. La più grande delle fragilità è non avere il controllo sulla tua vita”.
Sul fallimento, infine, l’allenatore ha aggiunto: “Cos’è il fallimento se non la fine di un momento brutto? Non è l’inizio di una situazione negativa, ma il suo compimento. Se si fallisce nello sport, il più delle volte è perché non si è sviluppato al meglio le proprie capacità e non perché non si è capaci”.
Il Papa? Uno di noi!
Alla domanda conclusiva del card. De Mendonça su cosa pensa di papa Francesco, Mourinho ha ammesso che pur non avendolo mai incontrato, lo vede come direbbero i tifosi “uno di noi!”, ossia un uomo calato nella realtà, vicino, prossimo: “Il giorno che lo incontrerò, forse, gli chiederò semplicemente un abbraccio!”.
L’incontro è stato reso possibile dall’Ambasciata del Portogallo presso la Santa Sede e dal Centro fede e cultura “Alberto Hurtado” dell’Ateneo.
