Calcio

Napoli Women, oltre l’insulto: la lezione di dignità che gela il maschilismo da spogliatoio

Dagli insulti sessisti dei tredicenni del Don Guanella alla risposta da applausi del club femminile Napoli Women: non solo punizione, ma soprattutto educazione. Perché il calcio deve smettere di essere una scuola di machismo da spogliatoglio.

di Cristian Salvatore Miglietta

Napoli, 11 dicembre 2025 – C’è un momento preciso in cui lo sport smette di essere gioco e diventa specchio deformante di una società malata. È successo pochi giorni fa a Napoli, dove quella che doveva essere un’amichevole tra le ragazze dell’Under 17 del Napoli Women e i ragazzi dell’Under 14 del Don Guanella si è trasformata in un teatro di barbarie verbale.

Non stiamo parlando di tifo da stadio o di adulti incattiviti dalla vita, comunque ingiustificabili, ma di ragazzini di 12 e 13 anni. Bambini, anagraficamente. Eppure, capaci di scagliare contro le avversarie un repertorio di insulti sessisti che fa rabbrividire. “Tornate a fare le ballerine”, “vogliamo i reggiseni”, fino agli irripetibili “le avete prese p***ane”.

L’umiliazione si è amplificata, come accade sempre più spesso tra i giovani, dai social. Foto di festeggiamenti negli spogliatoi maschili accompagnate da didascalie che trasudano una cultura del possesso e del disprezzo verso la donna che spaventa, se a maneggiarla sono mani così giovani. Un degrado morale che il deputato Francesco Emilio Borrelli ha giustamente definito “sessismo inaccettabile”, lontano anni luce dai valori dello sport.

Fa male, fa terribilmente male vedere queste scene. Soprattutto se la squadra maschile è presieduta da Don Aniello Manganiello, il prete anticamorra che ha fatto del calcio uno strumento di riscatto per togliere i giovani dalla strada e dalle grinfie della criminalità. Lui stesso, deluso e arrabbiato, ha ammesso con un’onestà intellettuale rara: «Forse abbiamo puntato troppo sulla tecnica dei giovani calciatori e invece dobbiamo pensare di più a farli diventare uomini».

Ma in questo buio pesto si è accesa una luce. È quella della dignità del Napoli Women. La società non ha chiesto teste, non ha invocato gogne mediatiche fini a sé stesse. Ha risposto con una lettera aperta che è un manifesto politico, un atto d’amore verso lo sport vero e una mano tesa verso chi ha sbagliato.

Hanno chiesto di trasformare l’episodio in un momento formativo: portare quei ragazzi in un centro antiviolenza. Per capire, per vedere, per sentire il peso delle parole che feriscono.

La lettera aperta del Napoli Women

Durante una partita della nostra U17 contro una compagine maschile U14, abbiamo assistito a qualcosa che nessuna società sportiva dovrebbe mai vedere né tollerare. Le nostre ragazze – minorenni, atlete, figlie, studentesse – sono state oggetto di insulti sessisti e omofobi che nulla hanno a che fare con lo sport. Frasi volgari, allusioni esplicite, commenti sul corpo femminile e versi che imitavano atti sessuali. Parole pesanti, violente, che non dovrebbero mai essere pronunciate da un adulto, figuriamoci da ragazzi così giovani. E come se non bastasse, a fine gara alcuni giocatori avversari hanno pubblicato sui social foto e video accompagnati da offese, scherni e slogan degradanti. Alcune delle nostre atlete sono state persino contattate privatamente, bersaglio di nuove molestie e mancanze di rispetto. Questo non è sfottò. Non è competizione. Non è calcio. È una ferita. Una ferita che colpisce un gruppo di ragazze che si allenano ogni giorno, che credono nei valori dello sport, che provano a costruirsi un futuro in un mondo dove ancora devono lottare per essere accettate. Nessuna ragazza dovrebbe mai sentirsi umiliata per il semplice fatto di essere donna. Nessuna dovrebbe tornare a casa dopo una partita con il peso di insulti che negano il suo diritto di esistere in questo sport. Nessuna dovrebbe vivere la sensazione che il campo, lo spazio in cui si sente libera, possa trasformarsi in un luogo ostile. Per questo oggi denunciamo pubblicamente quanto accaduto. Non per alimentare rabbia, ma per assumere una responsabilità che riguarda tutti. Perché se i ragazzi di oggi parlano così, significa che noi adulti – società, allenatori, famiglie, istituzioni – non stiamo facendo abbastanza. Il Napoli Women, però, non vuole limitarsi a condannare. Noi crediamo nella possibilità di crescere, di imparare, di cambiare. E crediamo che il compito dello sport sia anche questo. Per questo invitiamo ufficialmente la società, i suoi tecnici e i ragazzi coinvolti a trascorrere una giornata con noi presso un centro antiviolenza e antidiscriminazione, per un momento formativo sul rispetto, sulla parità di genere, sulle parole che feriscono e su quelle che costruiscono. Non per punire. Non per umiliare. Ma per offrire un’occasione vera di consapevolezza. Perché i bambini e i ragazzi di oggi non diventino gli uomini violenti di domani. Perché il calcio possa essere un luogo sicuro e inclusivo. Perché le nostre ragazze – e tutte le ragazze – sappiano che intorno a loro esiste una comunità pronta a proteggerle, sostenerle e credere in loro. Alle nostre ragazze vogliamo dire una cosa chiara: non siete sole. Il Napoli Women sarà sempre un luogo in cui il talento viene rispettato, la dignità viene protetta e la voce di ogni giovane atleta viene ascoltata. Trasformiamo questo episodio vergognoso in un punto di svolta. Non per alimentare conflitti, ma per costruire – insieme – un modo diverso di stare in campo, e fuori dal campo.

Trasformare la rabbia in educazione è l’unica via possibile. Come ha sottolineato l’assessora Emanuela Ferrante, episodi del genere affondano le radici in una “società arretrata e perdente”, ma è proprio dal campo, da quel rettangolo verde che a volte tradisce, che deve partire la rivoluzione.

Il Napoli Women avrà perso la partita, ma ha vinto il campionato della civiltà. Ora sta ai ragazzi del Don Guanella, e a tutti noi adulti che li guardiamo da bordo campo, decidere se accettare l’invito o restare fuorigioco nella storia.

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Un pensiero su “Napoli Women, oltre l’insulto: la lezione di dignità che gela il maschilismo da spogliatoio

  • Parola chiave Educare, non dobbiamo permettere che il Nostro Futuro, i giovani, siano condizionati da stereotipi palesemente condannabili.
    Responsabilità individuale.

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